Pubblicato su politicadomani Num 89 - Marzo 2009

Rapporto Cnel
Un allarmismo infondato

Un pregiudizio diffuso, raccolto senza cautela da alcuni mezzi di comunicazione, sulla presenza di lavoratori stranieri in Italia provoca inutili allarmi e paure senza fondamento. Un’analisi del Cnel sulle migrazioni interne all’Europa e i lavoratori migranti fa il punto della situazione

Non sono arrivati in maniera massiccia come si temeva, ma coloro che l’hanno fatto e lavorano stabilmente nel nostro paese guadagnano meno dei colleghi italiani, 7mila euro di meno. È questa la fotografia degli immigrati in Italia che emerge dal combinato disposto di un’analisi sui lavoratori migranti pubblicata dal Cnel e da una comunicazione sulle migrazioni interne in Europa diffusa il 20 febbraio a Bruxelles.
Secondo la Commissione europea, infatti, si sono rivelati infondati i timori di una massiccia migrazione di lavoratori dai nuovi stati membri dell'Ue verso i vecchi. La comunicazione intitolata "Cinque anni di Ue allargata - successi e sfide economiche" lo dice chiaramente: “Il numero di persone che sono emigrate dai nuovi stati membri verso i nuovi nel complesso è limitato (circa 3,6 milioni, rispetti a 1,6 milioni alla fine del 2003), e non dovrebbe aumentare in modo sostanziale, anche dopo che saranno state eliminante le restrizioni transitorie in alcuni stati membri".
La Commissione sottolinea inoltre che "il peso relativo di questi flussi in termini di popolazione in età lavorativa è piccola (circa 1% o meno) ad eccezione dell'Irlanda, dove gli immigrati dai nuovi stati membri rappresentano il 5% della popolazione in età lavorativa”. Secondo Bruxelles, inoltre, "è stimato che il recente livello di mobilità lavorativa intra-Ue porta all'incremento dello 0,3% del pil dell’Unione a medio termine". L'Italia, tra l’altro, non è tra le prime destinazioni (che sono Regno Unito e Spagna) ma, in ogni caso, figura al secondo posto in particolare come destinazione dei cittadini rumeni (il 26% del totale, mentre il 57% è in Spagna). La Commissione sottolinea infine che "sebbene alcuni di flussi abbiano generato disturbi in segmenti del mercato del lavoro e alcuni effetti sociali, il loro effetto generale è positivo".
Coloro che approdano e iniziano a lavorare in Italia, però, sono pagati meno dei “nativi”. Secondo il sesto rapporto del Cnel sull’integrazione degli immigrati in Italia, infatti, i lavoratori migranti nel nostro paese intascano in media circa 7 mila euro in meno l'anno rispetto agli italiani. E in alcuni contesti la differenza arriva addirittura a 10 mila o più. E il caso di Roma (11 mila di meno) e di Milano (13 mila di meno). Nel dettaglio, comunica il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, la retribuzione media annua pro capite degli stranieri è di 11.712 euro. Al Nord questa quota arriva al 12.200-12.300 euro, mentre al Sud scende a meno di 9 mila.
Il rapporto del Cnel sottolinea poi che 87.983 immigrati sono impiegati in posti di alta qualifica (dirigenti ed impiegati, esclusi quindi operai ed apprendisti), mentre nel complesso sono quasi 5 milioni (il 37,4 per cento dei dipendenti d'azienda totali). Sardegna, Sicilia e Lazio sono ai primi posti con le percentuali più alte (12-15 per cento) mentre agli ultimi si trovano le altre regioni del Centro-Nord. Di fronte a questi dati, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha affermato: "Non c'è alternativa all'integrazione". Per Fini, intervenuto alla presentazione del rapporto, la nostra "è una società più vecchia rispetto a quella di qualche anno fa" e, dunque, "è sbagliato dire 'integrazione o...'. Non arrivare ad una piena integrazione sarebbe una sconfitta per tutti, per gli italiani non meno che per gli immigrati". “Ritengo - ha concluso Fini - che dobbiamo superare la logica dell'emergenza e definire un progetto complessivo di società più aperta e più inclusiva”.

 

 

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